“Quali sono i modi in cui possiamo aiutare i giovani a capire la loro importanza in ambito socio-politico?”
Con questa domanda è continuato l’intervento del gruppo omonimo dopo che ci hanno chiesto di dividerci fra educatori giovanissimi ed educatori giovani. Nei sottogruppi infatti avremmo avuto modo ed opportunità di parlare, analizzare e confrontarci sulle possibilità che ciascuna fascia di età ha e ovviamente su come poterli accompagnare in quei percorsi. A questo sarebbe dovuto servire il gruppo di soli educatori giovani.. mi trovo così assieme a consiglieri comunali, alcuni che operano nelle forze dell’ordine, altri che si stanno per candidare in politica o che lo hanno fatto; operatori all’interno del comune, un’insegnate, qualcuno che lavora in banca e qualche studente di scienze politiche.. “WOW!”, è stato il mio primo pensiero mentre facevamo un rapido giro di nomi per conoscerci e sapere da dove venivamo; il secondo ovviamente è stato notare come in realtà sembrassi un pesce fuor d’acqua in quel piccolo ed eterogeneo gruppo di persone, tutte ovviamente collegate al tema della nostra discussione, chi più e chi meno certo, ma tutte dimostravano presentandosi di aver fatto una scelta di vita forte ed intensa mettendo le loro persone ed individualità a servizio del “bene comune”. Per queste persone queste 2 parole non si collegano solamente ad un valore e concetto astratto legato al fine stesso della politica, ma vi vedono quello per loro sicuramente più importante della cura verso i propri fratelli, verso la propria gente; mentre parlavano leggevo nelle loro parole la comunione che essi avvertivano e sentivano nel vivere la propria fede mettendo la loro persona a servizio degli altri per un bene comune, qualcosa che va al di là dei discorsi partiteci e che invece prende piede e si riscontra all’interno della dottrina sociale della chiesa, quella strana cosa di cui tutti a volte sentono parlare quando in un discorso compaiono le parole “cristiani” e “politica”, ma di cui nessuno sa davvero qualcosa o che nessuno ha mai letto o si propone di leggere. Devo dire che è successo anche a me quando più volte mi è stato consigliato di leggere la Dottrina Sociale della Chiesa (o almeno il suo compendio) e forse tra le solite scuse o tra gli esami da preparare mi sono sempre trovato a giustificarmi nel non leggere… Mi rendevo conto di essere io uno di quei giovani che non si era mai avvicinato alla politica né si era soffermato più di tanto a riflettere sul proprio impegno sociale nel senso più ampio del termine.. In quel momento quel gruppo parlava proprio DI quelli come me, come potevamo essere avvicinati a questo mondo? Tutti i presenti erano all’incirca miei coetanei e c’era anche qualche adulto, erano educatori di gruppi giovani di AC nelle loro realtà e per di più erano loro stessi testimoni della nostra fede e coscienza socio-politica “Sai che roba che tirano fuori adesso!” Curiosità e anche un po’ di eccitazione.
I relatori ci chiedono alla fine del giro di trovare soluzioni e modi con cui avvicinare i giovani a questo aspetto sempre più trascurato e da lì in poi la mia curiosità si è tramutata in delusione: iniziano le discussioni riguardo all’importanza del nostro voto, al fatto che i ragazzi che vanno a votar e per la prima volta non sano cosa fare e lo fanno casualmente svalutando il loro reale potere, non c’è coscienza nei ragazzi nemmeno nell’ambito della scuola visto il modo in cui progettano e sfruttano le assemblee scolastiche, i ragazzi non hanno voglia di avvicinarsi al tema… Ma non era ancora finito questo scambio di “esperienze”, il peggio doveva ancora venire. Qualcuno cita la propria esperienza riguardo all’aver votato alle primarie: la gente non ne capisce l’importanza, gli italiani non capiscono quello che succede nella politica, “quanti sono andati a votare?”, “Quanti votano nei momenti di elezione?”, “Il candidato migliore? Ovvio è..”, insomma scusate la franchezza, ma mi trovo in mezzo alla fiera delle banalità. più volte i relatori cercano di riportare la discussione al vero argomento fino a quando qualcuno non esce fuori dicendo “ma io non ho un gruppo giovani in parrocchia” seguito dalla quasi totalità degli altri.
Sono pochi i gruppi giovani di AC di cui ho saputo l’esistenza, sono praticamente nulli quelli che trattano di impegno socio-politico; ogni parola venuta fuori dal sottogruppo parlava di realtà di giovanissimi e non di giovani. Ecco allora che mentre agognavo di poter uscire da quella stanza mi sono posto solamente due domande; la prima: possibile che quando iniziamo a parlare di giovani, cioè di noi stessi e di quello che dovrebbe essere il nostro cammino, la nostra formazione, il nostro cambiamento, finiamo invece sempre per parlare di giovanissimi e dei ragazzi che seguiamo come educatori? Siamo davvero così ciechi da travisare il nostro ruolo?
La seconda più che una domanda è una impressione, che vuole divenire motivo di discussione con chi leggerà questo articolo: “come avvicinarci al socio-politico se coloro che te lo chiedono finiscono per parlare di banalità, quasi per frasi fatte ormai?”
La discussione sicuramente non è stata quella che mi ha colpito, non sono state risposte concrete o anche solo ideali alla domanda da cui siamo partiti, ma il contesto e le persone stesse sono state le cose che mi hanno fatto maggiormente riflettere.
Mauro Polvani